Su Intérpretes y Traductores al desnudo-Interpreti e Traduttori allo scoperto festeggiamo un po’ in ritardo la Giornata mondiale della traduzione, o festa di San Girolamo, con l’intervista a Anne Martin, interprete di conferenze e professoressa all’Università di Granada. Anne, fra le altre cose, è vissuta in quattro paesi diversi e ha un profilo molto particolare.
– Grazie per aver concesso questa intervista, Anne. So che sei impegnata nella preparazione del Master in Interpretazione di Conferenze di quest’anno all’Università di Granada e che il tempo sempre scarseggia. Mi piacerebbe iniziare appunto da lì: cosa ci puoi raccontare del Master? Quali sono stati i cambiamenti rispetto alla specializzazione della Laurea di vecchio ordinamento? Quali sono i punti forti?
– La terza edizione del Master in Interpretazione di Conferenze dell’Università di Granada inizia ora. È una laurea con percorso di studi il cui scopo è quello di formare interpreti capaci d’inserirsi nel mondo professionale sia come freelance che nelle istituzioni internazionali. Le lingue che proponiamo sono: tedesco, arabo, francese e inglese combinati allo spagnolo. Gli studenti devono essere madrelingua in una delle suddette e possedere un’ottima conoscenza di altre due. È un programma con obbligo di presenza ed è molto intensivo. Ora avvieremo la 3ª edizione del Master, ma prima offrivamo una specializzazione in interpretazione con l’ormai scomparsa Laurea di vecchio ordinamento in Traduzione e Interpretazione, per cui all’Università di Granada abbiamo una vasta esperienza nella formazione d’interpreti.
I contenuti del Master sono molto simili a quelli della specializzazione della Laurea di vecchio ordinamento, anche se ora ci sono più ore di lezione. Nonostante con la vecchia Laurea esistessero ore di pratica, queste non erano obbligatorie, a differenza di ora, e sono sorte delle opportunità molto interessanti per fare pratica. Oltre a ciò, gli studenti devono fare una tesi di Master. Si tratta di un titolo di studi professionale e la tesi è molto pratica: un’interpretazione in una situazione reale che lo studente poi analizza tenendo conto della preparazione, la sua prestazione, ecc.. A mio giudizio, s’impara molto. Poi, essendo un Master, abbiamo a disposizione dei fondi propri (non molti, ma li abbiamo comunque), per cui possiamo organizzare delle attività come conferenze e workshop con esperti e acquisire del materiale.
Credo che uno dei punti forti è il programma di attività. Ci ha permesso di portare non solo interpreti di conferenze professionisti (dell’ONU e dell’UE, ad esempio), ma anche interpreti che lavorano in altri settori. Ad esempio, abbiamo avuto una sessione sul progetto dell’AIIC collegato all’interpretazione in zone di conflitto, oltre alla presentazione di un progetto sull’interpretazione per le vittime di violenza di genere. Inoltre, nell’ambito del programma formativo, ci siamo recati in una visita accademica di due giorni presso le istituzioni europee a Bruxelles, il che ha incluso dei workshop con degli interpreti del posto, simulazioni di prove di accreditamento dell’UE e simultanea in cabina muta in un incontro reale. È stata un’esperienza davvero positiva per tutti i partecipanti.
– Raccontano le leggende che mangi la frutta secca nella cabina per mantenere alto il livello delle tue prestazioni come interprete. C’è qualche segreto che vorresti condividere con noi?
– Hahaha! Beh, è vero: a metà pomeriggio, dopo una lunga giornata e quando ancora rimangono un paio d’ore in cabina, abbiamo bisogno di energia. In momenti come quello, la frutta secca è un buon consiglio perché i suoi nutrienti sono a rilascio lento e per quello sono più efficaci nelle sessioni lunghe per mantenere l’attività cerebrale, anziché il veloce incremento dello zucchero che si ha quando mangi, ad esempio, il cioccolato (qualcosa che fanno molti interpreti!).
Non so se ho segreti, ma sì posso condividere un paio di consigli: non arrivare mai a un lavoro d’interpretazione senza aver verificato le notizie. Può esserci stato un terremoto, un attentato, una «goleada» ai danni della squadra del presidente della riunione e che si faccia una marea di commenti che, se non capisci, ti disorienteranno. Adesso è molto facile mantenersi aggiornati sui fatti d’attualità, basta ad esempio guardare il cellulare nel tragitto al lavoro. È anche consigliabile arrivare in anticipo a un incarico d’interpretazione per poter sistemarti in cabina, leggere documenti di ultim’ora, avere persino un «briefing» con gli oratori, ed evitare lo stress aggiuntivo dell’arrivare in ritardo. Inoltre non è mai una cattiva idea avere carta e diverse penne a disposizione, caramelle per la tosse, dormire bene la notte prima… Sulle pagine web delle associazioni professionali ci sono molti consigli pratici per gli interpreti.
– Qualche momento memorabile?
– Dopo così tanti anni di esercizio professionale, sì, ci sono stati diversi momenti memorabili: interpretare persone ammirevoli, come Eduardo Galeano, o il mitico sindacalista Marcelino Camacho, e personaggi di spicco, quali il Re Juan Carlos, o gli ex-presidenti della Spagna Felipe González o José María Aznar. Ho pure interpretato qualche ex-alunno che ho ritrovato come oratore, dopo alcuni anni, e mi è piaciuto tantissimo invertire i ruoli. È memorabile anche interpretare degli interventi chirurgici dal vivo; in un’occasione il tecnico è svenuto per via di quello che vedeva! Facendo un bilancio, credo che i lavori che più mi hanno segnato siano stati un seminario sui parti naturali che ha riunito ostetriche del mondo intero, dalla Foresta Amazzonica fino all’ospedale meglio attrezzato. Abbiamo visto molti parti ed è stato commuovente. Poi, interpretare Pedro Duque, l’astronauta spagnolo, assieme all’equipaggio con cui è andato nello spazio, è stato emozionante. Ma ci sono altri incarichi terribili che risultano difficili da dimenticare, come interpretare le testimonianze delle vittime delle invasioni in Iraq.
– Mi piace lavorare con grandi squadre di colleghi con cui uno si trova bene. Quello mi è successo, per esempio, durante i Giochi del Mediterraneo del 2005 ad Almería.
Ora che la gastronomia è di moda, mi è capitato d’interpretare cuochi famosi mentre preparavano e facevano commenti sulle loro prelibatezze dal vivo. Una volta, quando lo chef in questione stava preparando delle tapas, ci portavano degli assaggi perché potessimo capire quello che stavamo spiegando… e dunque, mentre interpretavo in cabina, ho assaggiato ostriche con granita di gin tonic e cetriolo e lecca-lecca di cioccolato con frutti di mare, fra le altre cose.
Convivere durante alcuni giorni o di più con i colleghi o gli oratori è sempre un’esperienza intensiva e coinvolgente. Forse la cosa più divertente che mi sia capitata ha avuto luogo durante un corso di formazione di giovani leader organizzato dal Consejo de la Juventud de España (Consiglio della Gioventù in Spagna) e che radunava giovani da tutto il mondo. Era un corso residenziale e, nella settimana che è durato, siamo arrivati a conoscerci piuttosto bene. Nell’ultima sessione, un gruppo ha fatto una parodia di una sessione, interpretazione inclusa, imitando quello che succedeva in cabina (tale e quale lo vedevano i partecipanti). È stato molto buffo e curioso osservare il modo in cui ci percepivano da fuori e mi dispiace soltanto non averlo registrato, dato che è stata un’enorme sorpresa e non ce l’abbiamo fatta in tempo.
– Per quanto riguarda i tuoi rami principali di ricerca, correlati all’11-M e a una Direttiva dell’UE, cosa ti ha portata a sceglierli?
– Credo che la ricerca debba essere utile e non solo teorica. Ho interesse a esplorare l’utilità sociale delle professioni di traduttore e interprete. È necessario spiegare in che cosa consistono e svolgere un lavoro divulgativo, perché, nonostante siano professioni molto estese, non le si conosce molto bene e ci sono tanti fraintendimenti. Il processo per gli attentati terroristici dell’11-M è stato il primo mega-processo in Spagna a utilizzare l’interpretazione simultanea e il lavoro degli interpreti ha acquisito grande visibilità. C’erano certi commenti sui media e da parte dei giudici e avvocati che dimostravano una chiara mancanza di conoscenza del lavoro dell’interprete. Conoscevo personalmente alcuni degli interpreti che hanno preso parte al tutto e la loro esperienza mi ha affascinata; motivo per il quale ho voluto studiare per documentare questa pietra miliare dell’interpretazione in Spagna. Per quel che concerne la Direttiva europea, si tratta di una normativa volta a garantire e regolare il diritto alla traduzione e interpretazione professionale di qualità nei processi penali in tutti i paesi europei. In alcuni paesi funziona già bene, ma in Spagna, tanto per dire, qualsiasi persona può interpretare in ambiti giudiziari e delle forze dell’ordine e ciò non garantisce un processo giusto per le parti coinvolte. C’è una marea di resse, come i casi in cui la donna maltrattata ha come interprete il suo seviziatore. Speravamo che questa situazione cambiasse con la Direttiva, ma la trasposizione in Spagna non si sta effettuando in modo corretto.
– Tornando un po’ più indietro nel tempo, una domanda che ci facciamo tutti è… Cosa ti ha portata a traslocare da Liverpool a Granada?
– In realtà non mi sono trasferita da Liverpool a Granada, ma da Edimburgo a Granada. Nonostante io sia di Liverpool, ho studiato Traduzione e Interpretazione a Edimburgo (Heriot-Watt University). Quando ho finito, mi hanno proposto di lavorare all’Università di Granada. È stato davvero utile per me, in quanto la mia prima lingua straniera era il francese e ho pensato che un paio d’anni in Spagna mi avrebbero permesso di migliorare il mio spagnolo. Non avrei mai immaginato che sarei rimasta così tanti anni!
– E a Buenos Aires invece? Com’è stata la tua esperienza in Argentina da britannica in un periodo delicato per il paese?
– Sono stata a Buenos Aires alla fine degli anni 80, quando non c’erano relazioni diplomatiche col Regno Unito a causa della guerra delle Malvine, che aveva avuto luogo nell’anno 82. Sono andata come professoressa invitata dal Colegio de Traductores Públicos de Buenos Aires (Scuola di Traduttori Giurati di Buenos Aires) e un’università privata per impartire un corso d’interpretazione e mi hanno entusiasmata molto sia il corso che il viaggio. Mi sono dovuta recare presso il Consolato Argentino a Cadice per richiedere il visto e, nell’attesa, mi hanno detto che il Console voleva conoscermi… ma non potevo immaginare per cosa. Quando sono entrata nel suo ufficio, mi ha stretto la mano e mi ha detto che voleva farmi i complimenti perché volevo andare nel suo paese nonostante la guerra! Non ho avuto problemi in Argentina, tutt’altro. È stata un’esperienza indimenticabile e ho stretto delle amicizie che durano ancora. Mi sentirò sempre strettamente legata all’Argentina.
– Come descriveresti la tua esperienza in Belgio? Come la giudicheresti rispetto alle altre?
– Sono andata in Belgio per uno scambio scolastico e poi, in un’altra occasione, come traduttrice in uno stage. Anche queste esperienze mi hanno arricchita e lasciato delle amicizie che ancora conservo. E poi, quel cioccolato…
– Qual è la cosa che più ti manca del Regno Unito?
– La mia famiglia, senza ombra di dubbio. Manteniamo molto il contatto ed io ci torno spesso, ma non è la stessa cosa che far parte della loro vita quotidiana. Quando i miei amici di qua vanno le domeniche a pranzare a casa dei genitori… provo una grande invidia.
– Difenditrice degli animali e dei diritti delle persone, ti definiresti come una idealista? Che cose essenziali reputi che servirebbero alla società per migliorare?
– Sì, sono idealista e inseguo l’utopia… Magari non ce la facciamo, ma l’importante è il percorso e le aspirazioni. Viviamo in un mondo dove le agenzie di valutazione e i poteri finanziari in generale hanno più potere che i governi eletti, dove uno dei principali negozi è quello delle armi e dove gli interessi economici vengono posti al di sopra dei diritti umani. Mi scandalizzano le situazioni come quella della crisi dei rifugiati, la forma in cui è stato tartassato il popolo greco (e il governo di Syriza). Tuttavia, credo che alcune cose si possano cambiare, com’è stato dimostrato lungo la storia. Per migliorare, credo che la società abbia bisogno di più giustizia sociale e trasparenza, più democrazia, insomma: più decenza.
La politica è ovunque e anche nella nostra professione ci sono cose che si possono fare. Ad esempio, collaborare come interprete volontario, lavorando gratuitamente per rendere possibile la diffusione di voci e discorsi che, altrimenti, non si potrebbero sentire.
– Qual è il tuo libro preferito e perché?
– Difficile dire… non posso sceglierne uno solo! In inglese, forse un romanzo di Sebastian Foulkes, chiamato Birdsong (Il canto del cielo), sulla Prima Guerra Mondiale. Entrambi i miei nonni hanno preso parte alla guerra e quel romanzo mi ha profondamente commossa. In spagnolo mi ha fortemente segnata Las Venas Abiertas de América Latina (Le vene aperte dell’ America Latina), così come tutti i libri del grande Eduardo Galeano. E in francese La Chute (La caduta) di Albert Camus, che ho letto a 18 anni e che mi ha rivoluzionata. C’è anche un altro autore che mi ha molto colpita specie in questi ultimi anni: Khaled Hosseini.
– È risaputo che sei dipendente del cioccolato e del vino e che sei un’ottima cuoca, anche se non mangi la carne. È molto difficile per te? Che ricette riesci a preparare bene? Qualche vino preferito?
– Non è affatto difficile per me non mangiare la carne, anche se nemmeno sono rigida. È stata una lenta evoluzione lungo molti anni e ha a che fare col mio rigetto per il maltrattamento di animali. E poi ci sono tante altre cose buone da mangiare! Poi sono flessibile. Mi piace improvvisare nella cucina, seguire il mio intuito e inventare nuove combinazioni con quello che c’è in frigo. Adoro il cibo indiano e spesso preparo piatti indiani a casa (e metto musica di Bollywood per creare atmosfera). Questa estate ho scoperto la cucina tailandese e anche questa mi sembra interessante. Mi sto già dando da fare con alcuni piatti. E, certamente, quella italiana, ma non sono così brava. Non sono riuscita ancora a trovare il segreto degli spaghetti alle vongole, non riesco a preparare bene quel piatto nonostante i vari tentativi. Invece per i vini, ci sono alcuni di Ribera de Duero che adoro, come il Matarromera e il Carramimbre. Certo, ci sono degli ottimi vini in altri paesi pure, ma non li conosco così tanto.
– Ultimamente viaggi spesso in Italia, vuoi per lavoro, vuoi per svago. Cosa ti attira di più del bel paese? Che posti hai visitato e quali sono le tue prossime mete?
– Mio padre era innamorato dell’Italia. Durante la IIª Guerra Mondiale è vissuto a Bari e Napoli. Parlava italiano e siamo andati spesso in vacanza in Italia quando ero bambina. Adoravo il cibo, i paesaggi, la storia, la cultura, la combinazione unica e misteriosa tra eleganza e un tantino di caos… Guardare il mare da Siracusa e pensare che Archimede potrebbe essersi ispirato guardando lo stesso paesaggio, ad esempio… Che posti ho visitato? Quando ero piccola, ci recavamo in vacanza nell’Adriatico e a Forte dei Marmi, nella Toscana. Negli ultimi anni ho visitato Roma, Napoli, la Costiera Amalfitana, Verona, Sicilia e Sardegna. A dicembre vado a Venezia… Per le mie prossime mete mi piacerebbe fare un corso di cucina in qualche posto d’Italia. Se qualcuno che legge questo mi può dare un buon consiglio, avanti per favore!
L’avete già letta; c’è qualcuno che le possa suggerire qualche corso di cucina in Italia? Alla prossima intervista!